Con uno schema di Decreto approvato il 7 aprile scorso, il Governo ha esteso l’applicazione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (prevista dal decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231) anche agli illeciti commessi in violazione delle norme a protezione dell’ambiente e introducendo nuove fattispecie di reato, sinora non previste dal nostro ordinamento penale, per sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede, fuori dai casi consentiti, esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto. Una decisione in qualche modo obbligata visto che il testo recepisce due direttive Ue (2008/99 e 2009/123) con cui l’Europa ha imposto l’obbligo di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente. Resta fermo il sistema sanzionatorio articolato in misure pecuniarie per quote e in misure interdittive.
Il testo dello schema del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 aprile scorso, che ora passa all’esame del Parlamento e con il quale dovranno confrontarsi a breve le imprese, si muove su un doppio binario. Da una parte introduce due nuove fattispecie di reato, dall’altra allarga l’applicazione del Decreto 231.
Gli illeciti che si inseriscono nel Codice Penale sono il danneggiamento di habitat all’interno di un sito protetto e l’uccisione o il possesso di specie vegetali o animali protette.
Venendo all’estensione ai reati ambientali del D.Lgs. 231/01, i più rilevanti sono: lo scarico illecito di acque reflue industriali, la discarica abusiva, le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, l’inquinamento marino colposo e doloso da navi, l’omessa bonifica di siti inquinati e le emissioni in atmosfera illegali.
Per quanto riguarda i reati addebitabili alle persone giuridiche il modello di riferimento è stato quello dei reati societari, l’unico che ammette la responsabilità con specifico riferimento alle contravvenzioni. Resta fisso il sistema sanzionatorio articolato in misure pecuniarie per quote, in maniera tale da lasciare un maggiore margine di manovra all’autorità giudiziaria nel modellare la “pena” sulla reale gravità della condotta. Riguardo questo tipo di reati, le condotte illecite vengono suddivise nello schema di Decreto in tre grandi aree a seconda della gravità, ognuna con un’adeguata sanzione:
1) sanzione pecuniaria fino a 250 quote per i reati sanzionati con l’ammenda o con la pena dell’arresto fino a 1 anno oppure fino all’arresto fino a due anni alternativa alla pena pecuniaria;
2) sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote per i reati sanzionati con la reclusione fino a 2 anni o con la pena all’arresto fino a due anni;
3) sanzione pecuniaria da 200 a 300 quote per i reati sanzionati con la reclusione fino a tre anni o con la pena dell’arresto fino a tre anni.
Per fare solo qualche esempio i reati legati all’esercizio di attività particolarmente pericolose come previste dall’allegato VIII del Codice dell’ambiente (vi rientrano, tra le altre, quelle chimiche o di allevamento) senza l’autorizzazione integrata ambientale rischiano fino a 250 quote; alla stessa sanzione è poi assoggettato chi trasgredisce le norme in materia di scarichi industriali o di inquinamento del suolo o del sottosuolo; fino a 300 quote possono poi arrivare le misure pecuniarie per la violazione della disciplina sul Sistri.
Nei casi considerati più gravi è poi stabilita anche l’applicazione delle misure interdittive che possono andare sino al blocco delle attività e alla sospensione delle licenze o autorizzazioni: la durata della misura non potrà però essere superiore a 6 mesi. Mano pesantissima poi con le aziende utilizzate in maniera stabile per infrangere le norme sul traffico dei rifiuti: per questo reato la sanzione pecuniaria può arrivare fino a 500 quote, con un picco di 880 quote se si tratta di scarti radioattivi.
La responsabilità amministrativa, in caso di reato, potrà essere evitata solo attraverso la predisposizione di specifici modelli organizzativi aziendali. Le imprese dovranno quindi prontamente attivarsi per adeguare i loro modelli in accordo alla specifica documentazione richiesta dal D.Lgs. 231/01.
Gesta Srl è a disposizione per ogni chiarimento in merito.